“In una delle vie interne La Rambla, un piccolo cartone addossato ad un muro componeva, insieme ad un lumino spento appoggiato a terra, l’immagine di una “casa” anche se di casa vera non si trattava. Eppure mi erano bastate due cose-una luce e una parete- per “vedere” OLTRE quel cartone del clochard.
Per lui quella rappresentava la sua dimora, la casa costruita con le sue mani, il luogo dove ogni sera sarebbe ritornato.”

riparo (20 di 21)Martina Bedin, classe 1979, architetto milanese di origine vicentina laureata nel 2013, ha fatto della fotografia scattata nell’estate spagnola la sua “idea” fissa, un oggetto di studio per potersi confrontare con una realtà ai più sconosciuta.

Incontrata casualmente durante “la notte dei senza dimora” a Vicenza, lo scorso ottobre, mi ha colpito per la solarità mentre a un collega illustrava il progetto. Presentazione semplice e prototipi alla mano, ha allestito uno stand ai Giardini Salvi.
Un progetto coraggioso per dare a chi non ha più nulla un qualcosa di tangibile a cui aggrapparsi, qualcosa che sia “suo” e del quale prendersi cura. Sia chiaro che il progetto sociologico è molto più ampio e delicato; la situazione che queste persone stanno vivendo e affrontando giorno dopo giorno è complicata da spiegare quanto lo sia da capire. Un riparo, per l’appunto temporaneo, deve cominciare a ricostruire dal basso, dalle cose semplici, la fiducia che queste persone possono riporre nelle associazioni e nei volontari che davvero vogliono aiutarli.
La vera sfida resta quella di reintegrare all’interno del tessuto sociale chi vive questo problema. Martina, avendo avuto accesso a questa sub-cultura, ha potuto toccare con mano e capire quale potesse essere il vero punto di partenza.
Un concetto quanto più semplice possibile per ridurne il costo di produzione ma che al suo interno cela una forte volontà sociale: un oggetto, formato da più oggetti utili, che le associazioni possano distribuire gratis a coloro che ne hanno davvero necessità.
Il prototipo va affinato e ingegnerizzato per poter essere messo in produzione ma la volontà di Martina ha fatto si che quello che ho potuto vedere sia un pezzo funzionante e funzionale degno della migliore definizione di “design”.
“Progettazione di un oggetto che si propone di sintetizzare funzionalità ed estetica”, questa è la definizione di design. E cosa meglio di un riparo per senza tetto racchiuso in una borsa porta in se funzionalità e estetica a servizio di una utilità sociale che ormai è stata persa?
Nelle immagini che seguono potete vedere il lavoro di Martina on the road, testato da lei che si è proposta come testimonial del suo stesso prodotto.

 

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